Pesto genovese, quanto profonde sono le sue radici?

Breve storia della salsa verde più amata al mondo (per davvero).

Spesso, durante le lezioni di cucina, i miei ospiti mi chiedono quanto sia antica la ricetta del pesto.

Nella loro immaginazione (e forse anche in quella di molti liguri), la pasta al pesto è sempre esistita sulle tavole liguri, forse immaginano tavoli rustici con tovaglie a scacchi dove troneggiano piatti giganti di trenette al pesto fumanti pronte per sfamare una famiglia numerosa.

Ogni volta mi diverto a sfatare questo mito (così come molti altri che da tempo aleggiano sulla cucina italiana).

Sorprendentemente, la ricetta del pesto al basilico genovese, così come la conosciamo noi oggi, non è una ricetta poi così antica. Nel panorama delle molte ricette tradizionali liguri e genovesi, possiamo dire che è un giovincello.

Se te la cavi con la lingua inglese e vuoi ascoltare la storia del pesto (e scoprire molte altre cose interessanti su questa iconica salsa), sono stata recentemente ospite del podcast di viaggi australiano UntoldItaly per palare proprio di pesto. Puoi ascoltare l’episodio cliccando qui.

Altrimenti, qui di seguito te la racconto di nuovo insieme a consigli su come “vivere” il pesto se sei in Liguria.

Breve storia del pesto genovese

La verità è che la ricetta della salsa verde ligure più conosciuta al mondo – fatta con foglie di basilico genovese, aglio, pinoli, formaggio parmigiano e olio EVO – è il risultato di infiniti esperimenti casuali. È una ricetta che in realtà si è sviluppata nel corso dei secoli.

Dal Medioevo agli inizi del ‘900 un continuo pestaggio e mescolamento casuale nel mortaio di diversi ingredienti – nelle cucine umili così come in quelle nobili – ha portato infine alla magica combinazione che per la sua bontà si è definitivamente cristallizzata.

La salsa di partenza, l’antenata più vecchia del pesto, era una salsa preparata schiacciando l’aglio fresco nel mortaio e mescolandolo con l’olio d’oliva. Un condimento molto comune per carne, pesce e verdure sulle tavole del Medioevo. L’aglio, infatti, con tutte le sue proprietà antisettiche e anti-infiammatorie veniva normalmente usato per sanificare il cibo.

Questo è il motivo principale per cui il pesto senza aglio – diventato molto popolare nell’ultimo decennio – per me è un nonsenso.

Poi, poco a poco, la gente iniziò ad aggiungere nel mortaio erbe aromatiche. La Liguria è ben nota per l’uso di erbe aromatiche come ingrediente distintivo della sua cucina. Così, cominciarono ad entrare nel mortaio erbe profumate raccolte nel giardino o sul davanzale, ma non necessariamente basilico. Le ricette liguri scritte più antiche che abbiamo sul pesto (risalenti al 1860) prevedono, indifferentemente, basilico, prezzemolo, maggiorana, basilico, anche insieme (v. G.B. Ratto, La vera cuciniera genovese, Genova 1863; Giovanni Casaccia, Dizionario Genovese-Italiano, Seconda Edizione, -Genova 1876; AA.VV., La fame e la memoria: ricettari della Grande Guerra, Cellelager 1917-1918, Belluno 2008).

Per quanto riguarda la frutta secca, la prima ad essere impiegata in questa – chiamiamola – “salsa alle erbe” probabilmente furono le noci. I genovesi impararono ad usare le noci in cucina dai musulmani, con i quali avevano intensi scambi commerciali durante il Medioevo. Anche oggi, nella cucina mediorientale, possiamo infatti trovare diverse ricette di salse di noci per condire carni.

Nel tempo le noci sono state sostituite dai pinoli. Non è facile dire però quando e perché. In realtà, scorrendo le ricette più antiche di pesto genovese, i pinoli non sono mai menzionati tra gli ingredienti, eccetto per una ricetta (contenuta ne “La Cucina di Strettissimo Magro” di Padre Gaspare delle Piane, Genova 1880), scritta appositamente per i “giorni di magro” in cui il consumo di prodotti animali era vietato e dove verosimilmente i pinoli sono stati aggiunti al posto del formaggio per dare cremosità alla salsa.

Ci sono del resto alcune zone nell’entroterra di Ponente, dove il pesto al basilico ancora oggi viene fatto con le noci invece che con i pinoli. Quindi, non ti preoccupare, se prepari e ti piace il pesto con le noci non sei un eretico! Ricorda: sempre meglio delle buone noci piuttosto che dei pinoli economici, insipidi e cattivi (ma niente anacardi, per favore).

Venendo ai formaggi, la storia è ancora più curiosa.

Oggi utilizziamo principalmente Parmigiano Reggiano, preferibilmente stagionato, oltre 24 mesi.

In passato però, al posto del – o insieme al – Parmigiano Reggiano, i genovesi usavano il Pecorino sardo stagionato (“Fiore Sardo”). Questo perché la Sardegna era storicamente una “colonia” della Repubblica Marinara di Genova e la maggior parte del formaggio pecorino prodotto in Sardegna veniva spedito a Genova e da qui venduto altrove nel nord Italia. Questo formaggio, quindi, era comunemente disponibile nei mercati di Genova a prezzi ragionevolmente bassi.

Il Pecorino Sardo però ha un sapore piccante, salato e affumicato e tende a coprire e sovrastare gli altri ingredienti. Questo è il motivo per cui quando facciamo il pesto oggi, o evitiamo del tutto il pecorino o lo usiamo in una percentuale molto piccola. I nostri palati del resto sono molto meno “rudi” di quelli dei nostri antenati!

Per lo stesso motivo (disponibilità), molte delle ricette ottocentesche del pesto contano tra gli ingredienti il “formaggio d’Olanda”, l’Edam (si, quello con la buccia di cera rossa)! (v. tra le più conosciute v. G.B. Ratto, La vera cuciniera genovese, Genova 1863; Emanuele Rossi, La vera cuciniera genovese facile ed economica, Livorno 1865).

Potrebbe sembrare molto strano, ma ancora una volta questo è dovuto alle intense relazioni commerciali storiche tra Genova e i Paesi Bassi: a Genova c’era una grande comunità di olandesi, che importavano, consumavano e vendevano il loro formaggio nei nostri mercati. Era disponibile e a buon mercato.

Devo anche menzionare che in alcuni paesini del levante genovese, in particolare quelli che affacciano sul Golfo del Tigullio, è tradizione aggiungere al pesto un cucchiaio di *prescinseua (*il nostro formaggio fresco locale, una cagliata, qualcosa a metà tra ricotta e yogurt), per dare ulteriore cremosità e un po’ di acidità alla salsa.

Infine, l’olio extravergine di oliva è sempre stato – insieme all’aglio – un pilastro della ricetta del pesto. Alcuni vecchi cuochi liguri, però, non disdegnano una noce di burro nella salsa, per rendere la pasta al pesto ancora più deliziosa (questo è l’argomento più caldo nelle discussioni con gli amici sulla migliore ricetta del pesto).

[Catainin Dellacasa, Cuxinea Zeneize, 1945]

In conclusione, la ricetta del pesto al basilico “codificata” negli ultimi decenni è probabilmente stata inventata per caso.

Forse una mattina d’estate una massaia genovese, dopo aver schiacciato nel mortaio uno spicchio d’aglio fresco, guardandosi intorno per la cucina decise di aggiungere al preparato una manciata di quelle foglie di basilico che prendevano il sole sul davanzale, due cucchiai del Parmigiano grattugiato avanzato dalla sera prima e quei pochi pinoli rimasti nel barattolo. Un pizzico di sale grosso per tritare meglio il tutto e via! Con vigore schiacciò, pestò, lacerò dondolando ritmicamente i fianchi nella brezza estiva, poi guardò orgogliosa la salsa fina sul fondo del mortaio, versò un filo d’oro di olio extravergine di oliva, mescolò delicatamente il tutto e… WHAM, la magia si era compiuta.

Altre informazioni utili sul pesto

Molto tempo fa ho scritto sul blog una guida completa per fare il pesto, con una descrizione dettagliata degli ingredienti essenziali (attuali), la mia ricetta ovviamente (al mortaio e con il frullatore), e molti consigli e trucchi per farlo a casa come lo facciamo noi a Genova.

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Se vuoi scoprire quali sono i miei ristoranti preferiti dove mangiare la pasta al pesto o dove lo compro io già pronto iscriviti alla mia newsletter “Liguria in cucina” e leggi l’articolo completo!

Ciao! I’m Enrica

a home cook, food researcher and experience curator bred and born in Liguria.
I study, tell, cook, share and teach Ligurian cuisine and the culture surrounding it.
Here we celebrate Liguria’s gastronomic diversity and richness through its recipes, producers, traditions and shops.

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