E’ dall’anno scorso che il pesto di fave occupa un posto fisso nel mio elenco “post per il blog”. Vi è comparso ad aprile, quando questo sito era ancora un work-in-progress, niente di più di un insieme scomposto di idee appiccicate nella mia mente o scribacchiate su un quaderno.
Poi è arrivata l’estate, poi l’autunno. Le idee si sono riordinate, il mio blog ha preso vita mentre le fave sono andate in letargo. Però l’ho comunque tenuto lì, nella lista, il pesto di fave, perchè ormai mi ci ero affezionata. Alle prime idee ci si affeziona sempre.
Adesso, finalmente, è arrivato il momento giusto per prepararlo e per fotografarlo. Forse allora non sarebbe stato lo stesso post di adesso. Non che questo sia chissà che, figurarsi, però in quest’ultimo anno io sono cambiata molto. Guardo le cose in modo diverso. Vedo forme, colori e bellezza ad ogni passo. Mi entusiasmo per piccole cose, a cui una volta non avrei mai pensato, come ad esempio andare da sola a raccogliere le fave in un campo.
Mi capita, poi, sempre più spesso, di fermarmi ed essere nel momento presente, consapevole dell’attimo esatto in cui sto vivendo: i suoni, gli odori, il mio corpo, le persone che mi stanno vicino, le emozioni che mi pervadono, i pensieri che arrivano e che se ne vanno.
Qualche giorno fa mi sono ritrovata in cucina con una gigantesca borsa di fave da sgusciare per fare il pesto di fave, appunto. Forse l’anno scorso mi sarei spazientita all’idea di dover perdere più di mezz’ora dietro ad un lavoro così ripetitivo, sacrificando ben più meritevoli missioni. L’altro giorno, invece, ho preso due grosse ciotole, ho rovesciato il sacco di fave sul tavolo, mi sono seduta accanto a mia suocera, che era in casa da me e si è offerta di aiutarmi, ho preso in mano la prima fava e ho iniziato a sbucciare sapendo che avrei finito solo quando sarebbero finite le fave .
E ho sentito: la pelle vellutata del loro bacello, il leggero scrocchio di quando viene aperto, l’odore intenso di erba e di primavera che si sprigiona, la superficie vinilica delle piccole fave su cui scivola il pollice mentre si sgranano nel piatto. Ho sentito il tempo che scorreva lento tra una bacello e l’altro. E ho sentito la presenza vicino a me, la compagnia, di mia suocera. Abbiamo chiacchierato del più e del meno, di cose passate e di progetti futuri, di persone che non ci sono più e di quelle che con gioia riempiono le nostre giornate. Della vita, insomma, come non succede mai quasi mai nel susseguirsi di giornate frenetiche in cui ci incrociamo rapidamente per il passaggio di consegne del bambino.
E così ho pensato che sbucciare le fave – così come sgranare i piselli, spuntare i fagiolini e pulire i carciofi – in realtà sia un’attività preziosa per regalarsi – senza sensi di colpa – un momento di pace, di ascolto, di comunanza. Un momento che dura il tempo che ci vuole, per finire, senza fretta.
Quando, poi, mi sono trovata con le fave tutte belle sgranate e pulite ho dovuto scegliere se fare il pesto di fave con il frullatore (5 minuti e mezzo, probabilmente) o se usare il mortaio, come si faceva una volta. Visto che questa ricetta era ormai diventata l’elogio della lentezza ed è un piatto antico della tradizione contadina della Riviera di Ponente, mi sono immedesimata fino in fondo e l’ho fatto come una volta, senza tecnologia.
Non è stato un lavoro lunghissimo né impegnativo, le fave sono tenere e si schiacciano facilmente. L’unica accortezza che suggerisco è di inserire le fave poco alla volta altrimenti si rischia di farle uscire dal mortaio mentre si pestano (come è successo a me… infinite volte). Nulla vieta però di fare il pesto di fave con il frullatore, mettendo tutti gli ingredienti insieme in una volta ad esclusione dell’olio che va aggiunto all’ultimo, mescolando a filo per evitare che si emulsioni. Quando non c’è tempo non c’è tempo!
Per renderlo più digeribile, visto che contiene aglio (e non se ne può fare a meno altrimenti la salsa perdere il suo sapore caratteristico) consiglio di utilizzare l’aglio di Vessalico, un’aglio speciale, delicato, dolce e per e sue peculiari caratteristiche organolettiche molto più digeribile degli altri.
Questo è stato il risultato, qui sotto la ricetta che ho utilizzato, la sua storia e alcune indicazioni su come portarlo in tavola.
Ingredienti
- 1/2 spicchio d'aglio privo della buccia (meglio se Aglio di Vessalico)
- 10 foglie di menta fresca
- 200 g di fave sgranate e private della pellicina (sono circa 1 kg di bacelli)
- 1 pizzico di sale grosso
- 25 g di pecorino sardo grattugiato
- 25 g di parmigiano reggiano grattugiato
- 4 cucchiai di olio extra vergine d'oliva
Istruzioni
- Pestate l'aglio nel mortaio fino a ridurlo in crema (oppure usate uno schiaccia aglio), levatelo dal mortaio e mettetelo da parte.
- Ripetete l'operazione con la menta (eventualmente usando un mixer) e mettete da parte anche questa.
- Mette le fave nel mortaio con alcuni granelli di sale grosso (senza esagerare altrimenti diventerà troppo salato) e pestatele fino a ridurle ad una crema piuttosto granulosa. Vi consiglio di aggiungerle poco alla volta in modo da pestarle più facilmente.
- Se non usate il mortaio potete frullare le fave con un mixer avendo cura, però, di azionare le lame a intermittenza in modo che le lame non diventino una crema omogenea e non si surriscaldino.
- Aggiungete quindi l'aglio e la menta che avevate messo da parte. Potete aggiungerli poco alla volta regolando il gusto a vostro piacimento.
- Aggiungete i formaggi e mescolate in modo da mantecare la crema di fave.
- Versate infine l'olio a filo continuando a mescolare.
- Regolate di sale, se necessario.
La storia del pesto di fave.
Le origini del pesto di fave, chiamato in dialetto della Liguria di Ponente anche “pestun de fave” o “marò“, sono antichissime. La parola “marò” potrebbe derivare dall’arabo “mar-a” che significa condimento e, quindi, il piatto potrebbe risalire addirittura alle invasioni saracene. E potrebbero essere stati proprio i saraceni ad insegnare ai liguri ad abbinare questa salsa alla carne.
Secondo un’etimologia più semplice, invece, la parola marò richiamerebbe le origini marinare del condimento. In ogni caso era un condimento umile, creato con i prodotti che regalava la terra a primavera, probabilmente utilizzato per insaporire il pane.
Come utilizzare il pesto di fave?
Il pesto di fave è una salsa estremamente versatile. Ecco alcune idee per accompagnarlo:
- Spalmato sulle bruschette. Semplicissimo, come gli antichi. Se volete dare un tocco più aggressivo al piatto potete insaporire la fetta di pane abbrustolito grattandoci sopra uno spicchio d’aglio prima di stendere il pesto di fave. E poi decorare la bruschetta con un paio di scaglie di pecorino e una foglia di menta. Molto d’effetto.
- Per condire la pasta. Tenete da parte qualche fava sgranata e qualche fogliolina di menta prima di fare il pesto. Buttate la pasta. Prima di condirla stemperate il pesto, direttamente nel piatto di portata, con un paio di cucchiai d’acqua di cottura . Aggiungete la pasta, le fave tenute da parte e mescolate bene. Aggiungete un filo d’olio a crudo, un paio di foglie di menta fresca e ancora una gratta di parmigiano. Sarà come mangiarsi la primavera!
- Per accompagnare arrosti. Il pesto di fave è una ricetta molto fresca e si presta, quindi, molto bene ad “alleggerire” piatti consistenti come arrosti di vitello o di maiale, anche grazie alla menta che è un buon digestivo.
Come conservare il pesto di fave?
E’ una salsa fresca, purtroppo non dura a lungo. Ma del resto la freschezza è la sua forza. E’ ottima preparata al momento, inutile dirlo. Però si può anche conservare per un paio di giorni in frigorifero, chiusa in un barattolo e coperta da un leggero strato d’olio extravergine d’oliva.
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