Dovete sapere che qualche tempo dopo aver aperto il blog ho iniziato ad offrire corsi di cucina ligure agli stranieri in visita a Genova. La risposta è stata immediata e quindi sorprendente. E nonostante l’inizio sia stato costellato di dubbi e ansie da prestazione – come del resto a me capita sempre – una cosa mi è stata chiara sin da subito: dall’ingresso di tutti quei viaggiatori nella mia cucina avrei avuto da imparare anch’io, tanto.
Con un po’ più di ritardo, invece, ho realizzato quello che il mio amico Lorenzo – che varie volte ha visto più lontano di me – mi aveva suggerito tempo fa, quando venni contattata da un giornalista francese che voleva imparare a fare i pansoti per raccontarli in un suo libro sulla pasta ripiena nel mondo: che di alcune di quelle persone che entravano nella mia cucina per imparare avrei potuto raccontar la storia.
Così, dopo l’ennesima cliente affascinante, ho deciso di iniziare a mettervi a parte di questi incontri e oggi vi racconto di una gentile ed elegante signora proveniente dell’estremo oriente.
HIROKO
Hiroko gira il mondo facendo corsi di cucina. Due volte l’anno prende il volo e inizia un viaggio tutto suo attraverso la cucina dei popoli. E’ arrivata a Genova perché voleva imparare a fare il pesto al mortaio, con il “basilico vero”, ha specificato, perché quello che coltiva lei nella sua casa di Tokyo ha la foglia troppo grande. Ne arrivava da Venezia ma prima era stata a Napoli, in Israele e in Iran. 7 corsi di cucina tradizionale in 3 settimane prima di entrare nella mia cucina.
Splendida minuta persona Hiroko, sempre sorridente. Le ho chiesto se le sue esperienze culinarie facessero parte del suo lavoro, se stesse forse scrivendo un libro. Mi ha risposto che no, che semplicemente voleva scoprire la cultura dei vari popoli entrando dalla porta più intima, quella di casa, e che voleva conoscere le diverse cucine del modo per poterne cogliere differenze e contaminazioni. Non sapeva ancora, però, cosa ci avrebbe combinato con tutto quel sapere.
Una cosa è certa, però, Hiroko viaggio dopo viaggio qualcosa lo ha già realizzato: ha messo su una grande disordinata cucina piena di piatti di ogni forma e colore e di utensili esotici appesi alle pareti (fa sempre rientro a casa con valigie molto, molto pesanti), la sua dispensa è vasta e ordinata per nazioni (le materie prime, se non le compra in loco, trova il modo per procurarsele nel suo paese), ma soprattutto ha una cultura gastronomica sterminata con cui gioca e si diverte ogni volta che si avvicina l’ora di cena facendo felici i suoi 3 figli grandi e gli amici. Meraviglioso potere della conoscenza, che plasma, amplifica e libera lo spirito!
Ma voglio anche sempre condividere gli ingredienti che entrano nella mia cucina, quindi passiamo alla ricetta di oggi, quella del pane martino.
IL PANE MARTINO
I banchi del mercato da qualche giorno sono tinti delle stesse sfumature dei boschi in autunno – il rosso screziato delle mele, l’arancione intenso dei cachi e della zucca, il beige polveroso dei funghi, il marrone rotondo e scintillante delle castagne. Colori che chiamano alla mente sapori caldi, accudenti, nutrienti. Sapori come quello del pane martino, la ricetta che oggi voglio condividere.
Il pane martino è un pane tradizionale, preparato con farina di castagne ed arricchito con noci. Si consuma in autunno e in inverno in tutto l’arco montano ligure dove gli alberi di castagno sono numerosi e per secoli furono la principale la fonte di sostentamento di intere comunità montane. Le castagne essiccate e trasformate in farina diventano infatti pane, gnocchi, pasta, torte, dolci. Questo pane deve il suo nome probabilmente alla festa di San Martino, che si celebra l’11 di novembre, giorno in cui tradizionalmente la farina di castagne si considerava pronta per essere consumata.
E’ un pane denso, spugnoso, profumato e sostanzioso. La crosta dura rimbomba se ci bussate sopra. Io lo mangio al mattino con un velo di miele di castagno, ma solitamente si propone con salumi, come una sottile fetta lucida di lardo caldo, oppure con formaggi molli tipici della regione come il brusso e la robiola della Val Bormida. Una bella idea, poi, per utilizzare il pane che avanza – SE avanza – è di farne crostini da tostare con olio e sale per accompagnare vellutate di funghi o di zucca. Provate, fatelo vostro e sperimentate!
Ingredienti
Per la biga
- 100 g di farina forte tipo “manitoba”
- 50 g di acqua
- 1 g di lievito di birra
Per il secondo impasto
- 350 g di farina di grano tenero di media forza
- 150 g di farina di castagne
- 150 g di biga
- 400 ml di acqua a temperatura ambiente
- 8 g di lievito di birra fresco
- 10 g di olio extravergine d’oliva
- 10 g di sale
- 150 g di noci sgusciate
Istruzioni
Il giorno prima preparate la biga
- Sciogliete in una ciotola il lievito di birra nell’acqua a temperatura ambiente. Aggiungete la farina, mescolate velocemente fino a quando non sarà incorporata poi coprite la ciotola con pellicola trasparente e lasciate riposare a temperatura ambiente per l’intera notte (12-16 ore).
Secondo impasto
- Sciogliete il lievito di birra fresco in metà acqua. Versate nella ciotola dell’impastatrice le due farine, la biga e l’acqua tiepida con il lievito.
- Mescolate con il gancio a bassa velocità e aggiungete gradualmente la restante acqua, tenendone da parte circa 50 ml, e l’olio.
- Quando inizierete ad ottenere un impasto liscio, omogeneo e incordato aggiungete il sale e quindi, dopo un minuto, i gherigli di noce spezzettati.
- Raccogliete l’impasto in una palla e mettetelo a riposare in una ciotola per circa mezzora.
- Suddividete l’impasto in due parti, formate delle pagnotte rotonde e lasciatele lievitare in un cestino da lievitazione ben infarinato, oppure su una tavola di legno, per circa 90 minuti o fino al raddoppio del volume.
- Scaldate il forno a 220°C, rovesciate le pagnotte su una teglia foderata di carta da forno e cuocete ad alta temperatura per circa 20 minuti, poi abbassate il forno a 180°C e cuocetele per altri 20 minuti finché non saranno dorate.
- Sfornate e lasciate riposare su un piano di legno.
LINK LOVE
- La farina di castagne si è conquistata un cantuccio permanente nella mia dispensa quando ne ho scoperta una buona per davvero. Perché solo quando assaggi i veri prodotti di qualità riesci ad apprezzarne le caratteristiche e il valore. Nel caso della farina di castagne l’occasione è stata la Festa della battitura delle castagne essiccate nei tecci, una festa che si tiene in Val Bormida (entroterra di Savona) e che celebra la castagna quale cibo primordiale e primario per quelle comunità di contadini molto povere. Le castagne essiccate nei tecci, infatti, sono state riconosciute come un Presidio Slow Food della Liguria e dalla loro molitura di produce una farina di castagne incredibile: dolce, corposa e con un leggero profumo di affumicato.
- Con la farina di castagne, da allora, ho preparato – oltre al pane martino – anche gnocchi di castagne, tagliatelle di castagne e le immancabili, genovesissime, trofie alle castagne. Mentre con le castagne essiccate, una volta reidratate, ho preparato alla perfezione una torta di castagne e cioccolato senza glutine
- Una bella ricetta, che mi riservo ancora di provare, ma che mi sembra perfetta per chiudere una cena tra amici in questo periodo, è anche quella dei cantucci autunnali con farina di castagne e cioccolato che trovate sul blog di Giulia Scarpareggia, Jul’skitchen, uno dei miei preferiti in assoluto.
- Infine, se cercate ispirazioni per cosa cucinare con tutti i begli ingredienti che colorano i banchi del mercato, potete dare un’occhiata alla mia bacheca pinterest |COOK| Autumn e magari trovate qualche spunto!
Non vuoi perdere i prossime articoli? Iscriviti alla mia NEWSLETTER!
[mc4wp_form id=”611″]
SHARING IS CARING!